lunedì 12 ottobre 2015

WEST PAPUA RAJA AMPAT

All’altro capo del mondo, i mari del sud custodiscono un tesoro che è stato scoperto soltanto di recente. Solo pochi anni fa, alcuni ricercatori hanno effettuato il primo studio delle scogliere coralline di Raja Ampat ,tra Sumatra, la Nuova Guinea e le Filippine, e hanno fatto una scoperta sensazionale: le acque di questo arcipelago contengono la maggior varietà di specie marine al mondo. Noi ci siamo stati a pescare!

 

 Perchè Raja Ampat


 Rientrato da un viaggio di pesca a Panama, la mia attenzione è stata completamente rapita da un documentario di diving, girato da una troupe Americana nei pressi del mare delle Molucche.



Non ero a conoscenza del fatto che in un piccolo arcipelago, a nord della West Papua, ci fosse la più grande biodiversità marina del pianeta terra.



 Il filmato mostrava una barriera corallina ancora intatta, colorata e ricca di vita; carangidi, snapper e moltissimi squali mi passavano davanti gli occhi, come per invitarmi a partire per scoprire la pescosità di queste acque. In fine, dopo dieci lunghi minuti di riflessione, mi sono deciso ad acquistare i quattro voli che mi separavano da questo paradiso, con la speranza di trovare il nirvana della pesca sportiva.




Esplorazioni
Esplorare nel mondo della pesca sportiva, non significa andare in un charter  per la prima volta a pescare in un luogo esotico, ma essere il primo a pescarci in assoluto.
La  differenza è sostanziale, perché il primo caso è paragonabile a una autostrada a pedaggio al contrario il secondo è come  guidare un fuoristrada  nel deserto senza la traccia di una pista.



In una esplorazione di pesca si incontrano molte difficoltà, e la parte tecnica dell’attrezzatura passa in ultimo piano.
Le priorità sono altre: arrivare sul posto, cercare una buona imbarcazione, scegliere gli spot di pesca sulla carta nautica, capire il più presto possibile il mare e le correnti e in fine trovare una sistemazione dignitosa per nutrirsi e passare la notte.



Nulla viene pagato in anticipo dall’Italia,  contrattare i prezzi di qualsiasi servizio o bene di prima necessità è di vitale importanza alla buona riuscita dell’esplorazione.



Non si può contattare nessuna guida, nessuna agenzia per avere informazioni perché nessuno ci ha pescato sportivamente  prima del nostro arrivo.


Entrare nella riserva Nazionale
Fino al momento in cui siamo entrati all’ufficio militare, nell’ isola di Waigeo, non siamo stati del tutto sicuri che ci avrebbero permesso di praticare il catch and release in queste acque.
La cosa ci creava qualche malumore, visto che arrivavamo da più di trentacinque ore di volo e tre ore di traghetto locale senza incontrare un occidentale.



L’attesa è stata snervante.  Nessuno dei militari parlava inglese ma il nostro interprete sembrava fiducioso.
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Sono però convinto che i responsabili del parco ancora oggi staranno  chiedendo il perché questi due strani  Italiani volessero rilasciare tutto il pescato........



Pagato l’entry permit in rupie indonesiane, partiamo per l’isola di Waiag, la parte dell’arcipelago che sulla cartina sembrava essere un ottimo inizio per le nostre battute di pesca.



Focus Raja Ampat


L’arcipelago è un groviglio illimitato di secche, isole coralline, isole montuose, baie cristalline e lagune di foreste di mangrovie. Sembra di essere in tre oceani contemporaneamente.
Il colore dell’acqua e della barriera corallina non ha eguali e le forti correnti di marea, portano nutrimento e ossigeno a tutte le forme viventi, dal microscopico plancton alle maestose  mante che si aggirano anche nei bassi fondali, ma noi non sappiamo apprezzare più di tanto perché abbiamo nei pensieri la nostra tanto amata  pesca.



Finalmente a Pesca
Alloggiati sul bordo della barriera corallina, in una palafitta costruita da locali, con la nostra barca ormeggiata al pontile equipaggiata di un motore da quaranta cavalli, siamo finalmente pronti per uscire l’indomani a pesca.



L’emozione di aver davanti a noi nove giorni di passione allo stato puro ci esalta e ci fa provare le stesse emozioni di quando, anni fa, abbiamo lanciato per la prima volta un popper  lungo una barriera corallina. Le braccia tremano proprio come quel giorno e l’adrenalina sale velocemente man mano ci avviciniamo al primo spot che ci si apre davanti.



Tutte queste emozioni si ripeteranno per i restanti dieci giorni in cui usciremo per scoprire nuove zone e valutare la reale potenzialità del posto in cui siamo capitati.


Emozioni in superficie

Avendo assaporato il primo giorno la vastità degli spot, in particolar modo per la pesca a popping e spinning in superficie, continuiamo la nostra ricerca utilizzando solo ed esclusivamente queste tecniche.




Avendo passato gli ultimi quattro anni su e giù per il mondo a pesca, troviamo immediatamente degli spot molto validi, anche grazie all’aiuto del pescatore locale.
Il lavoro di squadra indispensabile in queste esplorazioni e gli attacchi ai nostri stick bait e popper, di varie forme e dimensioni davvero non si fanno attendere.


In condizioni di corrente favorevoli e di acqua ossigenata snapper, cernie, coral trout, carangidi e squali di barriera sembrano stregati dal sordo rumore e dalle movenze dei nostri artificiali.


 Questo accade in modo esponenziale se si pesca in un luogo vergine dove i predatori regnano indisturbati e non hanno mai visto un artificiale prima del nostro avvento.


Gli attacchi in superficie sono l’espressione più alta per un appassionato di tropico.
 Ci fanno urlare ad ogni esplosione dell’acqua sul nostro popper e il combattimento è solo un valore aggiunto di questa stupenda tecnica.


Gli abitanti del luogo

Squali squali squali
Non era mai capitato di avere così tanti incontri ravvicinati con questi stupendi predatori.
 Ad ogni spot pescato, gli attacchi di questi pesci cartilaginei erano numerosissimi; inseguimenti, repentine sterzate e salti acrobatici, indirizzati a far male al nostro artificiale ci spingevano a non mollare mai.



E’ risaputo che gli squali tagliano e che, portarli sottobarca,  non è un gioco da ragazzi, e spesso può anche risultare pericoloso per l’incolumità del pescatore stesso, soprattutto se l’ospedale più vicino e a qualche ora di barca e sempre che ce ne sia uno.



La cosa importante è rilasciare il pesce senza creargli dei danni permanenti e per fare questo spesso bisogna slamarlo in acqua.


Carangidi
Giant trevally e blue fin tgrevally sono molto presenti in queste zone, grazie alla grande presenza di pesce foraggio e la conformazione del fondale corallino che offre numerosi punti di sosta e di caccia per questi bellissimi pesci sportivi.



I Gt che sono usciti non sono di dimensioni rilevanti ma l’ aggressività degli esemplari più piccoli è sconcertante.




Non è detto che con imbarcazioni migliori che diano la possibilità di raggiungere spot ancora più estremi in alto mare non ci si possa imbattere in prede over size come ci era capitato nell’isola di Socotra nello Yemen.


Pesce di barriera
La presenza di prede come snapper e cernie è disarmante ad ogni angolo abbiamo avuto attacchi di queste specie normalmente meno aggressive dei carangidi, allamandone e perdendone in quantità.




Questo fatto denota che la pesca professionale e locale non hanno avuto nessun impatto nell’arcipelago di Raja Ampat.



Probabilmente un appassionato di pesca in superficie in mediterraneo dovrebbe munirsi  di un defibrillatore se intende affrontare queste calde acque tropicali.


Makerel e Barracuda
Salti spettacolari spesso di qualche metro fuori dall’acqua, partenze brucianti, tagli del terminale e profonde ferite ai nostri artificiali, ecco l’essenza di questi predatori che si possono trovare nei pressi delle conformazioni coralline ma spesso anche in alto mare.



AI momento dell’attacco i nostri artificiali vengono proiettati in aria come se fosse appena esplosa una mina sotto di loro; un’ emozione che ci lascia sbigottiti e senza parole.


Conclusioni

Questo paradiso della  Papua indonesiana è tra gli ultimi luoghi dove anche Dio si è dimenticato di fare visita;  che resti tale negli anni avvenire dipenderà dalle autorità locali e dal buon senso delle persone.
Al momento esistono solo pochi e piccoli ecoresort che non hanno nessun impatto sul paesaggio, ma il pericolo che tutto si trasformi in un business sfrenato di stampo occidentale c’è.
L’ arcipelago dei quattro re, Raja Ampat,  non è dietro l’angolo ma forse è proprio grazie a ciò che ha potuto  conservarsi  vergine fino ai nostri giorni, la natura incontaminata scandita dal canto degli uccelli del paradiso, deve rimanere intatta.
Forse questo è solo un sogno, ma un sogno da conservare gelosamente nel cassetto.

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